Il progetto parte dal desiderio di trasmettere e comunicare la cultura e l'identità di Venezia attraverso il fenomeno carnevalesco. Negli ultimi anni il sovraffollamento turistico, in particolare durante Carnevale, è stato inversamente proporzionale allo spopolamento da parte degli abitanti, questo squilibrio è tale da minacciare seriamente l'identità e la cultura stessa della mia città. Il prototipo impersonifica Venezia, nelle forme di una bauta, tipica maschera del carnevale veneziano, che permetteva di essere in uno stato di non identità, quello in cui paradossalmente rischia di cadere Venezia. Il costume sembra quasi fuoriuscire da una palude, metafora di una situazione da risanare. Per la realizzazione dei materiali é stato interessante soffermarsi a scoprire angoli nascosti per prenderne ispirazione, i dettagli migliori li ho trovati nei posti più impensabili, come gli anfratti degli scalini dei ponti o i gradini che entrano nell'acqua, tra le alghe, la ruggine, il muschio e la pietra. Anche in una delle città più belle del mondo la bellezza a volte è dove meno te l'aspetti. Questo viaggio attraverso Venezia e il Carnevale mi ha consentito di riflettere sul passato e sul presente, sull'importanza della memoria e il mantenimento di una cultura che appartiene alla mia città e che riguarda non solo la moda e i costumi, ma anche le leggi e le regole sociali e civili di una città che è stata rispettata dal mondo intero per il suo alto livello di civiltà e che oggi sembra stia rischiando di dimenticare tutto questo. Esiste una strada percorribile affinché la tradizione veneziana resti viva e si rinnovi tornando ad essere creativa, propositiva e coraggiosa. Non oggetto di consumo, ma comunità viva, protagonista delle proprie azioni e custode attiva dei propri tesori e della propria cultura.